Maggio 2024
Trento doc Riserva Dosaggio Zero 2019
Continuiamo a parlare di Trentodoc per il semplice fatto che in Italia, la suddetta denominazione, è in grado di vantare la produzione di alcune tra le bollicine più interessanti e caratterizzate. Le motivazioni sono molteplici: un clima particolarmente favorevole e ricco di escursioni termiche tra il giorno e la notte, le pendenze importanti dei vigenti; infine i terreni, ricchi di calcare e svariati altri microelementi, gli stessi che concorrono a donare al vino sapidità, freschezza e capacità evolutive di tutto rispetto.
Mi è capitato personalmente di stappare bottiglie anche a 10-15 anni dalla sboccatura, e il risultato all’interno del calice a tratti è parso surreale in termini di piacevolezza, vigoria e soprattutto bontà. Ben consapevole riguardo a tutto ciò, la famiglia Benazzoli ha deciso di puntare anche sul Trentodoc mediante una nuovissima etichetta dedicata a Fulvio Benazzoli, il fondatore della storica cantina la cui sede oggi è situata a Pastrengo, piccolo borgo in provincia di Verona. La storia dell’azienda in realtà ha inizio nel pittoresco comune di Serravalle all’Adige (TN). Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, Onorio e il figlio Vittorio Benazzoli iniziano a coltivare alcuni ettari di vigneto. Quest’ultimo tramanda la stessa passione di famiglia al figlio Fulvio, mettendo a fuoco soprattutto i valori legati alla tradizione e alla profonda responsabilità e amore per il proprio territorio; il vero patrimonio da difendere ad ogni costo.
Il giovane Fulvio sente questa responsabilità e soprattutto avverte una spinta emotiva che lo porta a diplomarsi come enologo presso il noto Istituto agrario di San Michele all’Adige (TN). Gli anni Settanta rappresentano l’epoca in cui la famiglia Benazzoli, spinta da un profondo desiderio di innovarsi e da una forte vocazione imprenditoriale, decide di acquistare i primi vigneti tra le affascianti colline della Valpolicella e le sponde del lago di Garda, migliorando sempre più l’approccio enologico nettamente orientato nei confronti della qualità. La famiglia di cui parlo, oggi, è arrivata alla quarta generazione mediante le due figlie di Fulvio: Claudia e Giulia, che dal padre hanno preso soprattutto la determinazione e la volontà di fare bene e soprattutto farlo con estrema costanza. Una sorta di marchio di fabbrica insomma. Tutti assieme decidono di trasferirsi alla fine degli anni Novanta in provincia di Verona, nel comune di Pastrengo.
Le due sorelle crescono insieme all’azienda, imparando dal proprio padre tutti i segreti del mestiere, dando vita attorno al 2009 alla loro linea di imbottigliato dal marchio Benazzoli. Dopo la prematura scomparsa di Fulvio, oggi, Claudia e Giulia continuano l’importante eredità del padre, rimanendo salde al timone dell’azienda e cercando di imprimere attraverso un calice di vino le peculiarità di uno tra i territori vitivinicoli più importanti del bel Paese. La proprietà conta 28 ettari di vigneti nei comuni di Pastrengo e Bardolino e altri 2 ettari tra le colline di Sant’Ambrogio di Valpolicella. L’altitudine varia tra i 200 e i 500 m s.l.m., vengono prodotte annualmente 60.000 bottiglie. Stati Uniti, Canada e nord Europa i principali mercati di riferimento che assorbono circa il 60% della produzione. Con l’intento di approfondire, in futuro, la gamma per così dire “classica” dell’azienda Benazzoli – alludo ai vari Bardolino, Valpolicella e Amarone – è arrivato il momento di offrirvi il nostro punto di vista sul Trentodoc Riserva Dosaggio Zero 2019.
Prima annata prodotta. Rappresenta il frutto di un lungo lavoro meticoloso, e di ricerca, avviato da Fulvio Benazzoli la cui volontà era quella di un classico “ritorno a casa”. Alludo alle amate valli trentine dove risiedono le radici della propria famiglia. L’idea di produrre un metodo classico fedele al territorio e alle peculiarità che hanno reso celebre il Trentodoc, ovvero freschezza, nerbo acido, sapidità e capacità evolutive. Le vigne in questione sono situate in Vallagarina, tra le colline di Rovereto. Il suolo da queste parti è calcareo, ricco di scheletro e minerali quali ardesia e basalto. Sconta una permanenza sui lieviti di 40 mesi, non viene aggiunta alcuna liqueur d’expedition. Una scelta forte, coraggiosa, caratteristiche che da sempre hanno contraddistinto il carattere di Fulvio Benazzoli. Uve chardonnay in purezza, il vino mostra una tinta luminosa, solare, paglierino caldo altresì amplificato da un perlage eseguito a regola d’arte. Il naso è un profluvio di sentori freschi che rimandano alle montagne trentine: fiori di campo, fieno secco, menta peperita, sambuco, ma anche tonalità dolci che ricordano la pâtisserie, con incursioni di mela Golden Delicious e una chiusura nettamente minerale che richiama il calcare.
Un sorso lunghissimo che colpisce per timbro gustativo, sapidità, nerbo acido e cremosità del perlage; finale pulitissimo giocato su note balsamiche coerenti al naso. Ho particolarmente apprezzato l’evoluzione nel bicchiere anche, o forse soprattutto, a diversi minuti dalla mescita. Abbinato ad un crudo di gamberi con maionese di avocado, pepe rosa e lime sa il fatto suo. Cinque chiocciole strameritate, un esordio indubbiamente riuscito.